domenica 13 marzo 2011

Giappone: è allarme nucleare.

Ne avevamo appena parlato, nucleare sì o nucleare no? 
Oggi, alla luce di quanto accaduto in Giappone, la questione assume il carattere dell'urgenza. Quel che colpisce è che proprio il Giappone, uno dei Paesi più evoluti e all'avanguardia, sia la scena di una nuova grande emergenza nucleare.

Ieri a Fukushima è esplosa la struttura esterna di un reattore nucleare, portando il livello di radioattività mille volte sopra la norma  al'interno della centrale nucleare, e otto volte sopra i livelli consentiti nell'area circostante, tanto che il governo ha ordinato l'evacuazione immediata delle popolazioni nel raggio dei dieci Km.

Il problema è che il surriscaldamento elevato dei reattori ha comportato il pericoloso innalzamento della pressione interna nel cuore del reattore. I tecnici sono impegnati in queste ore in una delicatissima operazione di fuoriuscita "controllata" di vapori radioattivi per cercare di normalizzare il livello della pressione che, oltre un certo limite, potrebbe provocare la temuta eplosione della struttura di contenimento.

Ma le radiazioni ci sono e colpiscono la popolazione.

A questo punto, è naturale chiedersi se anche l'Italia è pronta ad assumersi gli enormi rischi derivanti dal nucleare.

Giappone e Italia, Paesi speculari.


L'arcipelago nipponico e l'italica penisola hanno più di qualche tratto in comune:  entrambi poveri di combustibili fossili,  densamente popolati e ad elevato rischio sismico
La differenza sostanziale è che l'Italia ha detto no al nucleare mentre il Giappone ha circa una cinquantina di centrali atomiche attive. E se in Giappone ciò che ha portato morti e devastazioni è stato lo tsunami conseguente al sisma e non, dunque, l'onda d'urto del terremoto -  20mila volte più forte di quello registrato all'Aquila nel 2009 - è lecito domandarsi come in un Paese in cui case, ospedali e scuole si sbriciolano per un sisma "normale" si continui a perorare la causa del nucleare garantendo la costruzione di centrali atomiche perfettamente sicure.



domenica 6 marzo 2011

Tra petrolio e nucleare, le rinnovabili ci salveranno?

Eccoci alla nuova resa dei conti energetica. Mentre in Libia si combatte e, soprattutto, si muore per la libertà, in Italia, la questione dell'approvvigionamento energetico ritorna al vertice delle preoccupazioni. Il motivo è semplice, basta un banalissimo calcolo aritmetico per capire la dimensione del problema.
L'Italia importa oltre 2 milioni di barili al giorno di greggio di cui circa 550mila provenienti dalla Libia, pari al 25% del totale. Numeri consistenti, dunque, che impongono una seria riflessione da parte di Governo e istituzioni. Naturale corollario delle opzioni in campo è un'altra grande vexata quaestio nostrana: il nucleare.

Nucleare sì, nucleare no

Dopo Chernobyl gli italiani con un referendum abrogativo dissero no al nucleare. Nel 2009 il governo Berlusconi rilancia il nucleare approvando una legge che apre la strada alla costruzione di nuove centrali. E l'Italia torna a dividersi. A favore dell'energia atomica si schierano scienziati come Umberto Veronesi e Margherita Hack. Il nucleare inquina meno rispetto ai combustibili fossili e non costringerebbe l'Italia a dipendere totalmente da altri Paesi. Senza considerare che, comunque, il Belpaese è tuttora esposto ai  possibili rischi del nucleare: ai confini Francia e Svizzera producono energia atomica. Oltretutto da sole, le energie rinnovabili non riuscirebbero a soddisfare l'intero fabbisogno energetico. 

Argomentazioni non sufficienti a convincere l'agguerrito fronte degli antinuclearisti che sottolinea i rischi del nucleare e ribadisce l'importanza delle fonti rinnovabili: "Al contrario di quanto l’industria nucleare e l'Enel ci raccontano, costruire abbastanza centrali nucleari per ridurre in modo sensibile le emissioni di gas serra ci costerà miliardi di euro, produrrà decine di migliaia di tonnellate di scorie altamente radioattive, contribuirà alla proliferazione militare e non è immune da rischi di incidenti gravi e gravissimi. Inoltre, prosciugherà le risorse economiche necessarie a perseguire le vere soluzioni per evitare i cambiamenti climatici" affermano gli ambientalisti di Greenpeace. "Le fonti rinnovabili sono le uniche in grado di aumentare l'indipendenza dall'estero e ridurre l'impatto di possibili crisi politiche nei Paesi produttori", sostiene Domenico Belli, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace Italia.
Le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica possono davvero fornire energia a sufficienza, senza il bisogno di ricorrere alle centrali atomiche?


Ad alimentare il dibattito è anche il Wwf con il suo Energy Report (febbraio 2011).
"Entro il 2050, noi possiamo trarre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno dalle fonti rinnovabili. Questo rapporto dimostra che tale transizione è non solo possibile, ma anche vantaggiosa dal punto di vista economico, garantendo energia disponibile per tutti e prodotta in un modo che può essere sostenibile per l’economia globale e per il Pianeta". Lo scenario tracciato da Ecofys (l'istituto di consulenza in materia energetica a cui il Wwf ha commissionato la ricerca) è probabilmente l'analisi più ambiziosa nel suo genere mai realizzata fino ad oggi. Petrolio e gas sono in esaurimento e la fissione nucleare produce scorie pericolose che restano altamente tossiche per migliaia di anni. Non esiste alcun posto al mondo dove possano essere stoccate senza rischi.

Il cambiamento è ambizioso ma possibile

Si sottolinea come saranno necessari grandi aumenti degli investimenti di capitali per poter installare su larghissima scala una grande potenza di generazione di elettricità mediante energie rinnovabili, per trasformare il settore delle merci e quello del trasporto pubblico e migliorare l'efficienza energetica non solo dei nuovi edifici ma anche di quelli esistenti.

Primi interventi:
  •  isolamento degli edifici;
  • riciclaggio delle materie prime;
  • installazione di caldaie efficienti alimentate da biomasse ricavate dai rifiuti.

Il mix energetico

Energia solare - energia eolica - energia termica- energia dell'oceano - energia idroelettrica.
Per ciascuna risorsa lo scenario tiene conto delle potenzialità complessive, dei tassi di crescita attuali, dei criteri di sostenibilità prestabiliti e di altri vincoli e opportunità, come la variabilità del vento e delle fonti solari.

Le grandi sfide

1) Ridurre la domanda aumentando l’efficienza energetica e riducendo gli sprechi di energia;  
2) Energia e calore sono le due forme di energia che le rinnovabili generano più facilmente, perciò bisogna massimizzare l’uso dell’elettricità e del calore diretto, migliorando le reti elettriche per rendere ciò possibile.  
Puoi leggere l'intero estratto dell' Energy report sul sito di Wwf Italia 


Decreto legislativo rinnovabili

Lo scenario preconizzato sembra non andare esattamente nella direzione imboccata dall'Italia nel suo decreto legislativo sulle rinnovabili. Un testo che non convince perché invece di razionalizzare  rischia, di fatto, di tagliare gli incentivi alle energie verdi, facendoli diventare "mobili", ossia commisurati al costo degli impianti e alla loro efficienza. Non considerando che proprio la programmaticità e la stabilità sono fondamentali per lo sviluppo e la crescita di questo settore.