Due gocce d'acqua ed è subito emergenza!
Frana la millenaria Pompei. Franano tutte e cinque le terre della Liguria. Frana Roma e ti accorgi che "la città è eterna, finché dura...". Appena ieri mezza Sardegna rimaneva sepolta sotto montagne di acqua e fango mentre il Veneto alluvionato e incazzato minacciava l'evasione totale delle tasse.
Questi sono solo alcuni dei centinaia di disastri idrogeologici che hanno colpito il nostro "Belpaese" negli ultimi anni.
Scavando tra i detriti della memoria, la prima immagine potente che ritrovo è Sarno. Avevo sedici anni e la scena di quell'enorme montagna sventrata da una cascata di fango era destinata a imprimersi per sempre nella mente di quelli della mia generazione. Quelli per cui "il disastro del Vajont" era materia da libri di storia per alcuni, documento da teche Rai per i più informati, nulla probabilmente per la maggior parte dei miei coetanei La catastrofe di Sarno invece era lì, la diretta televisiva ci mostrava in tempo reale la portentosa colata di melma mentre travolgeva case, macchine, cani. Ed esseri umani. Tutto impastato in quel blob mostruoso e terribile in cui persero la vita 160 persone. Era l'opera di una natura matrigna o la conseguenza delle azioni dei suoi figli peggiori?
Scriveva Montanelli a proposito della strage del Cermis: "...una strage c'è stata, che non si può addebitare a cause naturali come il Vajont o la frana di Sarno, ma soltanto all'errore umano, e quindi presuppone una responsabilità."
Cause naturali che s'innestano però su un territorio fortemente antropizzato. Si sarebbe potuto prevedere un simile evento? Si sarebbero potute evitare tante vittime? E siamo certi che le cause siano state soltanto naturali? "Coloro che si sono occupati di quell’evento individuano altri fattori antropici che hanno avuto un ruolo tutt’altro che secondario nel far sì che quell’evento naturale si trasformasse in un disastro: mancanza di pianificazione nella crescita urbana e abusivismo edilizio, diboscamento e incendi forestali; e ancora: ostruzione dei canali di drenaggio, discariche illegali, improprie sostituzioni della copertura vegetale." (La catastrofe di Sarno e la riflessione storiografica* - Walter Palmieri).
Frana la millenaria Pompei. Franano tutte e cinque le terre della Liguria. Frana Roma e ti accorgi che "la città è eterna, finché dura...". Appena ieri mezza Sardegna rimaneva sepolta sotto montagne di acqua e fango mentre il Veneto alluvionato e incazzato minacciava l'evasione totale delle tasse.
Questi sono solo alcuni dei centinaia di disastri idrogeologici che hanno colpito il nostro "Belpaese" negli ultimi anni.
Scavando tra i detriti della memoria, la prima immagine potente che ritrovo è Sarno. Avevo sedici anni e la scena di quell'enorme montagna sventrata da una cascata di fango era destinata a imprimersi per sempre nella mente di quelli della mia generazione. Quelli per cui "il disastro del Vajont" era materia da libri di storia per alcuni, documento da teche Rai per i più informati, nulla probabilmente per la maggior parte dei miei coetanei La catastrofe di Sarno invece era lì, la diretta televisiva ci mostrava in tempo reale la portentosa colata di melma mentre travolgeva case, macchine, cani. Ed esseri umani. Tutto impastato in quel blob mostruoso e terribile in cui persero la vita 160 persone. Era l'opera di una natura matrigna o la conseguenza delle azioni dei suoi figli peggiori?
Scriveva Montanelli a proposito della strage del Cermis: "...una strage c'è stata, che non si può addebitare a cause naturali come il Vajont o la frana di Sarno, ma soltanto all'errore umano, e quindi presuppone una responsabilità."
Cause naturali che s'innestano però su un territorio fortemente antropizzato. Si sarebbe potuto prevedere un simile evento? Si sarebbero potute evitare tante vittime? E siamo certi che le cause siano state soltanto naturali? "Coloro che si sono occupati di quell’evento individuano altri fattori antropici che hanno avuto un ruolo tutt’altro che secondario nel far sì che quell’evento naturale si trasformasse in un disastro: mancanza di pianificazione nella crescita urbana e abusivismo edilizio, diboscamento e incendi forestali; e ancora: ostruzione dei canali di drenaggio, discariche illegali, improprie sostituzioni della copertura vegetale." (La catastrofe di Sarno e la riflessione storiografica* - Walter Palmieri).
Memori di ciò che è stato, oggi dovremmo essere all'avanguardia in materia e invece l'Italia, da Nord a Sud, continua a sgretolarsi e i numeri sono in crescita. "Da poco più di 100 eventi l’anno tra il 2002 e il 2006 siamo gradualmente arrivati ai 351 del 2013 e ai 110 solo nei primi 20 giorni del 2014", Ci ricorda #DissestoItalia, la grande inchiesta multimediale di Legambiente, Ance, Architetti e Geologi sul dissesto idrogeologico italiani, sottolineando i principali fattori che contribuiscono a sconvolgere l’equilibrio idrogeologico del territorio :
- abusivismo edilizio
- estrazione illegale di inerti
- disboscamento indiscriminato
- cementificazione selvaggia
- abbandono delle aree montane
- agricoltura intensiva
I luoghi simbolo del dissesto
I giornalisti indipendenti di Next New Media hanno realizzato un reportage attraverso i luoghi che più di tutti rappresentano drammaticamente la condizione in cui versa il territorio italiano.
Analisi, immagini, dati e testimonianze sono state raccolte in un webdoc consultabile su www.dissestoitalia.it per sensibilizzare politica, istituzioni e opinione pubblica.
La mappa mostra i luoghi simbolo a rischio, basta andare sul sito e cliccare su ogni posto per approfondire la sua condizione di dissesto.
La mia regione, la Basilicata, ha due luoghi simbolo a rischio: Pisticci e Metaponto.
Metaponto è un importante sito di interesse storico-culturale per la presenza degli scavi archeologici, che custodiscono testimonianze e reperti della Grecia antica. Il servizio mostra come negli ultimi mesi gli scavi siano finiti due volte sotto il fango.Oggi sono chiusi al pubblico. Sono stati stanziati dei fondi per la messa in sicurezza dell'area ma la questione di fondo rimane irrisolta: se non si interviene sulle cause strutturali, il rischio continuerà ad esserci.


